annunciazione del signore

Annunciazione del Signore

Per la sua importanza, questo annunzio si colloca al centro della storia della salvezza, cioè nella “pienezza del tempo”.

Di fatto il Concilio di Efeso del 431 d.C. ha dimostrato come il culto di Maria sia conseguenza diretta del culto di Gesù Cristo. Qui, infatti, Maria verrà definita “Theotòkos”, cioè “Madre di Dio”, tanto che lo stesso Vangelo di Luca lo afferma con chiarezza riportando le parole dell’angelo:

«…Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.

Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.

Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine…».

(Luca1, 26-38)

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Ecco perché, partendo da tale considerazione, a Roma, a partire dal V secolo, si costituì una vera e propria tradizione iconografica mariana il cui manifesto è da riconoscere nei mosaici dell’arco trionfale della Basilica Patriarcale di Santa Maria Maggiore, risalenti all’epoca di papa Sisto III (432-440).

Questi mosaici (di cui abbiamo avuto modo di parlare in precedenza a proposito di San Giuseppe) danno l’idea della trasformazione dell’intero racconto  evangelico  in una grandiosa allegoria, intenta ad esaltare la divina maternità di Maria. Qui gli episodi non seguono un criterio cronologico, ma si sviluppano in base ad una triplice interpretazione che fa continuo riferimento: a Giuseppe, figura del Vescovo; a Maria, figura della Chiesa; ed infine a Gesù, il Logos. Sottolineando così il concetto dell’idea della realtà che si fa dogma.

La Vergine appare nel mosaico in ben quattro scene, ma solo in una sarà la protagonista principale, ed è quella dell’Annunciazione, qui è lei la figura essenziale perché ci permette la comprensione del mistero della fede.  L’artista quindi la pone al centro della composizione, come una “Basilissa”, ed utilizza come modello, probabilmente, l’immagine dell’imperatrice Eudocia, rappresentata sul pannello dipinto  che decora l’aula principesca dell’area lateranense, tutt’oggi presente al di sotto dell’ospedale romano di San Giovanni.

Inoltre, sappiamo per certo, che l’artista per realizzare questa composizione si basò sul racconto del vangelo dello Pseudo-Matteo, un libro che qualche anno prima, il papa Celestino I (422-432) aveva proibito, assieme ad altri apocrifi in circolazione. Il suo ritorno non suscita meraviglia poiché il testo si prestava bene ad illustrare un esegesi biblica, cara alla Chiesa di Roma e di Alessandria.

Secondo tale racconto, Maria siede sul suo seggio col fuso sotto il braccio destro, mentre con le mani svolge la matassa di porpora, che trae da un cesto deposto per terra alla sua destra, mentre riceve l’annuncio.  Infatti, a lei i sacerdoti del Tempio avevano affidato il compito di tessere la porpora per il velo del tempio, un ruolo che non passerà inosservato, tanto da suscitare l’invidia delle altre fanciulle che la chiameranno ironicamente “Regina Virginum”.

Ma in realtà, ciò che colpisce l’attenzione, è l’atto della tessitura che in aramaico può essere letto anche come  “incarnare”, dando così corpo all’interpretazione degli autori biblici che vedranno nella tessitura un simbolo della formazione del corpo umano:

“Ricordati che come argilla mi hai plasmato… Di pelle e di carne mi hai rivestito, d’ossa e di nervi mi hai intessuto” (Gb 10,9-11)

Ecco perché, a mio parere, il mosaicista o teologo, tramite quest’immagine, non vuole solo ricordare un avvenimento storicamente avvenuto, ma soprattutto, vuole evidenziare il concetto teologico, che nel momento  stesso dell’Annunciazione avviene il concepimento del “Logos”, e che Maria di conseguenza diventa il “Tempio per eccellenza”, la nuova “Arca dell’Alleanza”. Infatti, come nel tempio di Gerusalemme veniva custodita l’arca dell’Alleanza, simbolo della presenza di Dio in mezzo al popolo eletto, così Maria fu veramente:

il Tabernacolo di Dio in mezzo agli uomini”. (Apocalisse XXI,3)

Un’ulteriore conferma ci viene data dal soffio dello Spirito Santo, qui figurato dalla bianca colomba  posta sopra il capo della Vergine, che dinamicamente la investe e la rende feconda. È questa la prima raffigurazione nota della colomba come simbolo dell’annuncio, e per diversi secoli sarà l’unica del suo genere; infatti, solo dall’XI secolo diventerà un simbolo integrante di tale rappresentazione. Insieme a lei ecco comparire l’arcangelo Gabriele, che con il gesto della mano la indica a sua volta.

Altro particolare inconsueto sono i quattro angeli che circondano la vergine, formando una sorta di guardia celeste, anch’essi sono un’ispirazione del Vangelo apocrifo, nel quale si legge che Maria si nutriva solo del cibo che riceveva ogni giorno dalla mano d’un angelo, mentre dava ai poveri quello ricevuto dai sacerdoti del Tempio.

Infine, il tempio posto sulla sinistra vuol essere un allusione alla vita nascosta della Vergine, eco dell’idea dell’”Hortus Conclusus” dando ulteriore risalto al carattere divino della Maternità di Maria. Tanto che lo stesso Armellini scrisse:

“il grandioso mosaico è opera di tanto splendore da non sembrare cosa terrena… monumento dei trionfi di Maria vincitrice dell’Eresia…”

Non a caso, quindi, proprio in questo giorno, così speciale per la Chiesa, i papi Pio XII, S. Paolo VI e S. Giovanni Paolo II, consacrarono l’umanità al cuore Immacolato di Maria.

Ed ora anche Papa Francesco, a causa degli ultimi capovolgimenti e dell’insorgere di una guerra mondiale che non ha senso, perché non vi sarà alcun vincitore, ma solo distruzione e devastazione che avrà come unico fine l’annientamento del genere umano, seguendo l’operato dei suoi predecessori,  ha deciso di consacrare al Cuore Immacolato di Maria, la Russia e l’Ucraina, con l’unico fine di far rinascere in tutti noi l’amore verso il prossimo, suggellato da un amore più grande ed indissolubile quello dell’unica e vera madre: “Maria”.

 

Alessandra Antonucci

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