San Benedetto da Norcia patrono d’Europa e la chiesetta di San Benedetto in Piscinula

San Benedetto è considerato il fondatore del monachesimo occidentale, poiché fondò una nuova forma di vita monastica basata sulla preghiera liturgica e sul lavoro manuale:”Ora et labora”.

Infatti, con questa regola San Benedetto ci ricorda che:

il Signore  attende che noi rispondiamo ogni giorno coi fatti ai suoi santi insegnamenti

Di conseguenza, grazie a questa sua interpretazione, la preghiera ed il lavoro non sono in contrapposizione, ma stabiliscono un rapporto simbiotico per l’incontro con Dio.  La vita monastica quindi non può prescindere dall’impegno concreto, poiché in questo modo il lavoro diventa l’estensione concreta della preghiera.

Di fatto, l’opera del Santo e, in modo particolare, la sua Regola si rivelarono apportatrici di un autentico fermento spirituale, che mutò nel corso dei secoli il volto dell’Europa. Dopo la caduta dell’unità politica, dopo una tremenda crisi di valori e di istituzioni, causata dal crollo dell’Impero Romano, dall’invasione dei nuovi popoli e dalla decadenza dei costumi, si è potuto assistere ad  una rinascita e a una nuova unità spirituale e culturale, nel nome della fede cristiana condivisa dai popoli del continente. Oggi che in maniera diversa, ma al tempo stesso uguale, stiamo vivendo un cambio epocale, privo di valori, servirebbe che i popoli tornassero ad ascoltare e a mettere in opera tali insegnamenti.

Tanti sono i luoghi che ci parlano del suo operato sia nel Lazio, dove inizia il suo cammino eremitico, sia in Europa, dove sono sorti diversi luoghi di culto a seguito dell’operato dei suoi discepoli. Ma ve n’è uno, in particolare a Roma, dove, se una persona si pone in ascolto con l’animo aperto, può ancora avvertire la sua presenza ed udire l’eco della sua voce e del suo operato.

Chissà quanti di voi saranno passati davanti a questo luogo mistico e straordinario, posto nel cuore del rione Trastevere, che tutt’oggi protegge e custodisce la memoria terrena del patrono d’Europa, così definito nel lontano 1964 dal Papa S. Paolo VI.

Si tratta della chiesa più piccola di Roma, ma dal fascino intramontabile: “San Benedetto in Piscinula”.

La chiesa nasce sui resti del palazzo appartenente alla Gens Anicia, dove il giovane Benedetto soggiornò per alcuni anni alla fine del V secolo, prima di lasciare gli studi e andare a vivere in una grotta presso Subiaco.

Del luogo originario, una piccola cappella, varie volte distrutta dai barbari che arrivavano dal fiume e altrettante volte ricostruita dei fedeli, sono stati rinvenuti i resti alla destra dell’altare della Madonna della Misericordia, nel cubiculo venerato come la “Cella di San Benedetto”.

Qui infatti possiamo ancora osservare, sul lato sinistro, i mattoni che gli archeologi datano tra il sec. IV e V, mentre quelli di destra sono posteriori.

Difatti però, quello che colpisce subito l’attenzione dei passanti è il campanile del XII secolo, il più piccolo di Roma, nel quale suona una campana risalente al 1069, considerata la più antica dell’Urbe. Sempre della stessa epoca è la chiesa divisa a tre navate, grazie all’utilizzo di colonne e capitelli  di ‘spoglio’,  che, come d’abitudine in quel tempo a Roma venivano recuperati  dagli antichi monumenti pagani, che erano ridotti in stato di abbandono. Gli archeologi li fanno risalire ad un periodo tra il I e il V sec. d.C.  Di gran pregio è anche il pavimento cosmatesco.

Ma il contesto più interessante è dato dalla presenza nella  chiesa di tre dipinti che ci descrivono in maniera diversa San Benedetto.

Il più antico risale al periodo che va dal IX al XII secolo e rappresenta S. Benedetto ancor giovane, con poca barba, in piedi, e con un baculo (o bastone) in forma di “T”, come gli antichi monaci d’Oriente. Il suo abito non è propriamente nero, ma riporta il colore leggermente scuro della lana naturale, come era in uso fino al  X secolo. Quest’immagine si trova attualmente nella navata di destra, vicino all’ingresso.

La seconda rappresentazione del Santo Fondatore, una pittura su tavola probabilmente risalente al XIII secolo, è tutt’oggi venerata sull’altare maggiore. Il Patriarca appare seduto, in vesti nere, con il baculo in forma di pastorale e il libro della sua Regola aperto, con le prime parole che richiamano ad una conversione totale a Cristo Redentore: “Absculta, o fili, præcepta Magistri, et inclina aurem cordis tui… (Ascolta, o figlio, gli insegnamenti del Maestro e volgi ad essi l’orecchio del tuo cuore…).

Il terzo dipinto, del XVII secolo, attualmente collocato sull’altare della navata destra,  fa parte della pala della Madonna con il Bambino e S. Lorenzo, ed è opera di Leopoldo Ansiglioni, (Torino 1832- Roma 1894), anche se in realtà riproduce un’immagine più antica.

Anche qui il santo con una lunga barba e abito scuro è raffigurato, in piedi, a sinistra della Madonna, con il baculo in forma di pastorale ed il libro aperto, mentre rivolge lo sguardo verso il Bambino Gesù, come se stesse dialogando con lui, in attesa di una sua approvazione rispetto al suo operato.

Dal   2002 la chiesa è stata affidata agli Araldi del Vangelo, che hanno eseguito importanti lavori di restauro restituendoci una delle più belle pietre miliari di Roma testimonianza vivente dell’uomo che fu fonte di ispirazione per tutti i cristiani. Grazie anche a lui la chiesa tutt’oggi può riportare alla luce i valori della cristianità.

 

Alessandra Antonucci

 

1 commento

  1. avatar
    Posted by Elena Pette| 15 Luglio 2022 |Rispondi

    Super brava! Aggiungo simpaticamente che fu l’imperatore del Sacro Romano Impero Carlo Magno a scegliere, “imporre” ed estendere a tutta l’ Europa il monachesimo benedettino come regola di vita cenobitica per l’alto valore religioso e pratico che portò con se’ una visione ‘nobilitante’ del lavoro.
    Grande Alessandra e lo dico non solo perché sei una mia amica

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