la madonna del carmelo

La Madonna del Carmelo: tra le devozioni più antiche e più amate che risale ai profeti della Bibbia

Nel Primo Libro dei Re dell’Antico Testamento si racconta che il primo profeta d’Israele, Elia, dimorando sul Monte Carmelo, ebbe la visione della venuta della Beata Vergine e della nascita del Figlio di Dio. La vide alzarsi in una piccola nube, portando una provvidenziale pioggia e salvando Israele da una devastante siccità. Sempre secondo la tradizione, qui la sacra Famiglia sostò tornando dall’Egitto. Il Carmelo acquisì, in tal modo, i suoi due elementi caratterizzanti: il riferimento ad Elia ed il legame a Maria Santissima. In seguito, proprio per l’importanza delle  testimonianze che custodisce, divenne sede delle comunità monastiche cristiane, che edificarono già a partire dal I secolo una chiesetta in mezzo alle loro celle, dedicandola alla Vergine e presero il nome di Fratelli di Santa Maria del Monte Carmelo. A tutt’oggi chiunque si rechi in visita sul Monte Carmelo ne esce trasformato poiché la serenità e la sensazione di entrare in un luogo senza tempo è tangibile.

Ma la propagazione del culto si deve all’apparizione della Vergine a san Simone Stock, all’epoca priore generale dell’ Ordine carmelitano, avvenuta il del 16 luglio 1251, durante la quale la Madonna gli consegnò uno scapolare (dal latino scapula, spalla) in tessuto, rivelandogli i privilegi connessi a tale culto, come segno di salvezza, poiché significava essere rivestiti della sua grazia, cioè dei suoi doni: “Coloro che moriranno rivestiti di questo Scapolare non andranno nel fuoco dell’Inferno. Esso è un segno di salvezza, di protezione e di sostegno nei pericoli e di alleanza di pace per sempre”. Lo scapolare che i carmelitani portavano sopra l’abito, vale a dire la striscia di stoffa che ricopre il petto e le spalle, diviene così un segno di protezione e devozione mariana, pegno dell’amicizia e intercessione della Madre di Dio.

Ed ecco perché nell’iconografia popolare la Madonna del Carmelo non tiene in braccio Gesù, ma distende le braccia in avanti offrendo lo scapolare.

madonna del carmelo

Fin da subito in Italia, come in diverse parti del mondo divenne uno dei culti più importanti, tanto che ancor oggi a Roma è una delle feste principali della città.

Le origini della festa romana sono avvolte dalla leggenda: si racconta, infatti, che nell’anno 1535, dopo una furiosa tempesta, nei pressi della foce del Tevere, nella zona di Fiumicino, fu rinvenuta da alcuni pescatori una statua di legno di cedro della Madonna del Carmine, che venne subito donata ai Carmelitani e quindi trasportata a Ripa Grande per essere collocata nella chiesa di S. Crisogono: divenne così la Santa Protettrice dei Trasteverini.

madonna del carmelo roma

Da allora, la Vergine dello Scapolare (altro appellativo per la Vergine del Carmelo) fu detta “De Noantri” o “Fiumarola“, in ricordo del luogo dove venne rinvenuta.

Nel corso dei secoli fu trasferita prima a San Giovanni dei Genovesi e poi, nel ‘900, nell’attuale chiesa di Sant’Agata, che lascia appunto una sola volta l’anno, il primo sabato dopo la festa della Beata Vergine del Monte Carmelo.

Difatti ogni anno, la statua della Madonna del Carmine, la cui memoria liturgica ricorre il 16 luglio, esce dalla chiesa di Sant’Agata, dove si trova durante tutto l’anno, per essere portata in processione nell’arco di due settimane per le caratteristiche vie di Trastevere fino a Castel Sant’Angelo, per poi ritornare l’ultima domenica di luglio, attraverso il fiume Tevere (e per questo è detta Madonna Fiumarola), a Santa Maria in Trastevere ove, con il dono della celebre rosa bianca a tutte le donne intervenute alla celebrazione e con una veglia di preghiere, si conclude il pellegrinaggio Mariano.

Inoltre, a  partire dai primi anni venti del Novecento, alla commemorazione religiosa, oltre ai tradizionali venditori di mostaccioli, fusaje, cocomero e grattachecche, alle bancarelle e alle tavolate con il vino dei castelli, si sono aggiunti anche spettacoli teatrali e musicali, con tanto di spettacolo pirotecnico.

Altro simbolo della festa è la vestizione della Statua ogni anno differente, tanto che, nella chiesa di Sant’Agata, esposti nelle teche, troviamo il ricchissimo corredo di abiti di seta celesti, bianchi e gialli e il mantello donati dalla principessa Bianca Caracciolo di Fiorino e  anche quelli  che provengono da persone di tutte le condizioni sociali.

Uno degli ultimi abiti risale al 1970 e fu donato da un gruppo di sarte che vi lavorò per ben tre anni, mentre quello più recente lo ha realizzato nel 2018 Guillermo Mariotto, designer di Gattinoni. L’abito in crepe cady di seta bianca è ricco di dettagli con simbologie mariane: stelle, sole e rose ed è bordato di rosso come simbolo delle violenze subite dalle donne, mentre il mantello in velluto rosso è ricamato con fili d’oro zecchino.

La collezione comprende anche alcune corone d’argento e di metallo usate nella processione e decorate con gemme preziose.

Quest’anno, per le normative anti-Covid, «alcuni dettagli saranno diversi rispetto agli altri anni», infatti non ci sarà la storica macchina processionale, «molto imponente e dal peso di circa 16 quintali» una macchina che impegna oltre 18 persone per il trasporto della statua, onde evitare assembramenti e non affollare ancora di più i vicoli. La processione, dunque, tornerà per le vie del quartiere dopo l’assenza dello scorso anno a causa della pandemia, «la prima e finora unica volta nella storia in cui non si è celebrata la ricorrenza, in quanto si è sempre svolta, a memoria d’uomo, anche in tempo di guerra».

 

Alessandra Antonucci

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