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Annone l’elefante e Ulisse il rinoceronte: Roma all’epoca di Leone X

Io sono innamorato perdutamente di Roma, penso che si sia capito. Oggi voglio parlare di una storia che mi piace molto, sembra una favola ma fu realtà.

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La diplomazia fra gli stati

Dovete sapere che una volta la diplomazia tra gli stati era accompagnata da doni. Di vario tipo. Il Portogallo che fin dal ‘400 stava crescendo come potenza marittima e commerciale, soprattutto verso oriente e nel ricchissimo mercato delle spezie, voleva avere un posto d’onore nelle grazie del nuovo papa eletto nel 1513, Leone X Medici.
Così il re Manuele I d’Aviz, per festeggiare l’elezione papale, inviò a Roma un’ambasceria di 140 uomini con stoffe preziose, gioielli, oro, argento e animali rari, come due leopardi e una pantera e pappagalli e tacchini e, un… elefante. Un elefante albino che i portoghesi avevano ottenuto dagli indiani con cui commerciavano le spezie.

L’elefante Annone

Il trasporto avvenne via mare. L’elefante arrivò a Roma il 12 marzo del 1514. Aveva quattro anni di età e si chiamava Annone. Nome di un generale cartaginese, ma forse è stato chiamato così perché in lingua Indiana elefante si dice ann.

annone-elefante-riproduzione

Ci fu una grande processione tra due ali di folla. Alla fine del corteo c’era Annone, bardato, sormontato da un palchetto fatto d’argento e di perle, a forma di castello, con dentro uno scrigno pieno di pietre preziose colorate. Davanti a Castel Sant’Angelo c’era il trono papale, Annone arrivò e si inginocchiò tre volte davanti al papa, strofinando la proboscide sulle pantofole papali, poi, sempre con la proboscide, prese dell’acqua da un secchio e spruzzò tutti, cardinali, papa e popolo.

Tutti.

Il papa Medici fu entusiasta di questo dono. Fece costruire una stalla nel giardino del Belvedere in Vaticano e poi lo spostò nel Rione Borgo. L’elefante era accompagnato da un addestratore indiano. Divenne il protagonista di tutte le feste e di tutte le processioni. Annone ballava e ballava bene! Suscitava ammirazione tra il popolo e anche tra gli artisti. Tra tutti Raffaello Sanzio e Pietro Aretino.

bozzetto annone elefante

Il sommo pittore ne fece un affresco e un disegno di cui abbiamo uno schizzo che fu riprodotto su una porta della stanza della Segnatura Apostolica, intagliata dal celebre Giovanni da Verona.

Annone e Baraballo da Gaeta

Il poeta della corte papale, tale Baraballo da Gaeta, voleva farsi incoronare poeta in Campidoglio e si fece prestare l’elefante dal papa per raggiungere il colle, vi montò in groppa e puntò deciso verso ponte Sant’Angelo. Sul ponte però Annone si imbizzarì, disarcionò l’incauto Baraballo e tornò nella stalla, spaventato dai tamburi e dalle cannonate di Castello. Tutta Roma rideva di questo fatto. Era uno spettacolo continuo.

La morte di Annone

Ma ciò che è bello prima o poi finisce.
Nel 1516, due anni dopo il suo arrivo a Roma, Annone si ammalò forse per il clima troppo umido e poi morì. Fu sepolto nel giardino del Belvedere e nel 1962, durante lavori di posa di cavi elettrici, furono trovate le sue ossa.

Pietro Aretino scrisse una commedia satirica in suo onore: ”Le ultime volontà e testamento di Annone, l’elefante”.

Annone fu immortalato in molti luoghi e da molti artisti. Anche a Bomarzo (VT) nel Parco dei Mostri.

Il re del Portogallo inviò al papa anche un rinoceronte chiamato Ulisse, ma la nave che lo trasportava fece naufragio per una violenta tempesta nel golfo della Spezia nel 1516. Ulisse morì affogato. Ma grazie a una lettera inviatagli in Germania con una minuziosa descrizione dell’animale, Albrecht Dürer lo rappresentò in una una famosissima xilografia su legno, oggi al British Museum.

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Origine del detto romano: “fare i portoghesi”

A questa incredibile storia è legato un celebre detto romano e oggi anche italiano. Il papa Leone X, per ringraziare i portoghesi, stabilì che l’ambasciatore ed il personale dell’ambasciata portoghese non pagassero nei teatri, nei circhi, nei ristoranti e negli alberghi. Dopo un mese alla tesoreria papale arrivarono conti astronomici. Perché?

Perché i Romani, per non pagare, andavano a mangiare in albergo o assistevano agli spettacoli facendo finta di essere portoghesi. Parlavano una una lingua sconosciuta e maccheronica. Insomma era una comica. Ma il papa dovette pagare tutti i conti. Poi tolse il decreto. E questa è la Roma che mi fa sognare. Spero faccia sognare anche voi.